Dicembre/ mesi 4

Il freddo della notte è come un balsamo per le mie ferite interiori.

Passeggiare di nuovo per queste strade sconosciute mi provoca ansia e confusione, davvero tutti questi sogni sono mere illusioni?

Davvero il destino finale sarà la rinuncia di tutto ciò che abbiamo rincorso per anni?

Ed è vero che i ricordi sbiadiscono e gli attimi si perdono, che tutto ciò che è stato pare un sogno confuso, ma quello che non può sbiadire siamo io e te in quel parco, rinchiusi nella nostra effimera felicità.

Davvero un’effimera felicità è tutto quello a cui possiamo aspirare?

SCELGO TE

Ti odio, ma vorrei odiarti un po’ di più

ti ho rovesciato addosso valanghe di insulti e improperi, ti ho urlato tutto ciò che sapevo avrebbe colpito la tua anima, ma ancora non mi basta

ancora non serve

ancora ti voglio

ancora ti amo

ancora i ricordi mi investono con la forza di un pugno d’acciaio

ancora ci vedo ridere

ancora ci vedo amarci

ancora ci vedo urlare per strada infuriati, vedo il tuo sguardo acceso mentre mi rovesci improperi, e io stupida che tento di calmarti, dominando la mia voglia di prenderti a schiaffi.

Ti lamentavi sempre che non ero abbastanza passionale, arrabbiata, vogliosa di litigare

sai perchè. Stupido?

Perchè avevo paura di perderti

perchè nella bilancia tra l’esternare la mia frustrazione e il tuo lasciarmi, sceglievo sempre te

ho sempre scelto te

e lo sto facendo anche ora.

Scelgo te, quando piango

scelgo te, quando ricordo

scelgo te, quando vedo qualcosa e me lo appunto per raccontartelo

in un tempo e in un luogo che non avverrà mai, se non nella mia mente.

Perchè tu non ci sei

non ci sei oggi

e non ci sarai neanche domani

Scelgo te, perchè hai rubato una parte di me.

E te la sei tenuta.

Novembre

Mi stavo chiedendo. Come ti vanno le cose? Gli esami? I viaggi? Smetterò mai di pensarti come parte integrante della mia vita? Non lo so.

Tu sei andato avanti, stai facendo ciò che ti sei prefissato, e io? E’ difficile.

Difficile è dimenticare le tue parole. E le domande mi ossessionano. Quel che mi dicevi era vero? Mi hai detto un sacco di bugie? Sei cosi bravo a mentire.

Ma devo lasciarti andare. E’ l’unico modo per conservare la mia sanità mentale.

E allora ti lascio andare. Ti auguro il meglio. Sempre.

Nascosto?

Non riusciva a comprendere come potesse acquistare un tale colore. Il cielo. Era arancione, a tratti rosa, di un delicato rosa pastello. Ed era tutto un susseguirsi di sfumature, colori nuovi, colori persi, colori rari.

Riusciva sempre a farla riflettere, il cielo. Cosa alquanto comune, ne convengo. Ma i pensieri che le suscitava non sempre erano coerenti, non sempre seguivano un filo logico.

Era come sottostare alla volontà di una corrente, gentile ma implacabile. Spesso si chiedeva se fosse possibile quantificare le persone che nello stesso momento guardavano il cielo. Ancora più difficile, esisteva in quel momento qualcuno che stesse pensando quello che pensava lei? O quanto meno qualcosa di simile. Ne dubitava. Una volta.

Guardò l’orologio, e si rese conto che era ora di andare. Il momento di evasione era finito, occorreva rientrare nella grigia realtà quotidiana.

Spesso si sentiva in difficoltà con le persone. Con i luoghi. Con i momenti.

Si sentiva perennemente fuori posto, perennemente inadeguata, perennemente sbagliata.

Eppure non era una solitaria. Aveva amici, una famiglia amorevole, non esternava queste apparenti difficoltà.

Spesso, cosa ancora più grave e inquietante dal suo punto di vista, poiché di persone a disagio o insicure ne è pieno il mondo, sentiva di compiere determinate azioni perchè doveva. Perchè gli altri se lo aspettavano. Perchè era quello che la società richiedeva. Perchè altrimenti qualcuno poteva rimanerci male. Ah, i sentimenti altrui: era la sua più grande chimera. Non riusciva, neanche per un istante, a smettere di pensare a cosa provassero gli altri. Era un continuo immedesimarsi, un continuo chiedersi se avesse ferito qualcuno, e come. Quello che ne ricavava, solitamente, era un penetrante, spesso, e persistente desiderio di fuggire altrove, di correre.

Si chiedeva se tutto questo riflettere e incespicare nella vita non le avesse fatto perdere delle occasioni, cosa probabile, se non certa: il suo più grande timore erano i rimpianti, e se non li aveva, se ne creava qualcuno da sé.

Spesso provava una fitta e soffocante disperazione, unita a un senso di angoscia che mai la abbandonava. Seguita, subito e senza perdere un secondo, dal disgusto e dalla collera per se stessa. Perchè non era più forte, più coraggiosa, meno ansiosa, più sicura, più audace, meno fragile, più convinta, meno emotiva, più egoista, meno riflessiva, più controllata?

Cosa aveva da disperarsi e da riflettere? Cosa non le andava in quello che era? Tutto. E niente.

Amava e odiava restare con se stessa. Amava passare del tempo con se, assecondando i suoi interessi e le sue stranezze, senza occhi giudicanti, libera di attuare ogni suo desiderio immediato.

Odiava restare con se stessa, il suo modo di analizzarsi, implacabile, severo, mai accomodante. I pensieri che creava, morbosi e inutili, che finivano per intristirla e incupirla.

Si creava false costruzioni mentali, che dovevano proteggerla, rinforzarla, ma che finivano per ricordarle, invariabilmente, quanto fosse debole.

I sentimenti. Gli amava e gli odiava. Impiegava tempo per maturarli, ma una volta avvenuto il fattaccio, per lei era la fine: ci sarebbero voluti mesi e tutta la sua forza di volontà, per ucciderli.

Non evitava le relazioni, ma in fondo, la terrorizzavano. Sapeva che provare determinati sentimenti, intensi, belli, profondi, espressivi, dolorosi, implacabili, l’avrebbero dilaniata, nell’eventualità di una fine. Per questo, nonostante la sua natura passionale ed emotiva, tentava sempre, e disperatamente, di restare distaccata, di salvare almeno un brandello di se stessa. Non era creatura che sopportasse bene la delusione. Perchè, più di ogni altra cosa, ciò che la faceva soffrire e indispettire in maniera indescrivibile era la piccola, tenace e minuscola speranza che mai le si spegneva nel cuore, anche quando la fine era già dichiarata.

I pensieri si accalcavano, si radicavano, e a quel punto non c’era nulla da fare: era in trappola, chiusa, murata.

Spesso sembrava non ragionasse, poiché le capitava di compiere azioni in apparenza senza senso. La realtà era che spesso non era li, ma altrove: e non per forza perchè la situazione presente la annoiasse o non le interessasse, ma perchè era abituata ad agire fisicamente in una realtà, e a pensare e riflettere in un’altra, diversa, nascosta, parallela, inventata, esagerata, fomentata, desiderata, temuta. I suoi pensieri aprivano parentesi su parentesi, creavano continui spettacoli, privati, con poco pubblico: solo lei come spettatrice.

Era brava a parlare, ma spesso perdeva i momenti: di fronte a persone cui tenesse disperatamente, si bloccava, indecisa su come esprimere ciò che aveva dentro. Ed era in quel preciso istante, che il magico momento adatto per ciò che pensava svaniva, detronizzato dalla sua indecisione. Aveva un ottimo istinto, ma non era altrettanto veloce nell’assecondarlo.

Devi solo dirmi quale

Stasera ho alzato lo sguardo al cielo, e c’era una luna splendida, accecante, mancante di un pezzo, cosa che la rendeva ancora più malinconica (mi sono ricordata di quella che volta che ci siamo messi a guardare la luna dalla finestra, hai detto che era li per noi).

Il cielo è incredibile qua, ha dei colori purissimi, quasi mistici. I tramonti sono trionfi di rosso, e quando il sole è calato vince l’indaco (dicesti che avevo azzeccato il colore giusto: indaco, cosi particolare).

L’unica cosa che manca è il mare: il suo profumo, la sua capacità di trasmettere vita (noi stesi sulla spiaggia dinanzi all’incredibile mare di Cefalù).

(Dicevi che mi avresti baciato in ogni luogo in cui saremmo stati insieme)

(Andiamo al lago?)

 

Fuggevole

Cosa ne facciamo realmente del tempo che abbiamo? Quanto di questo finisce abbandonato, sprecato, maltrattato? Sapete quello che si dice sempre, l’uomo spreca una quantità vergognosa di tempo in cose inutili. Ma chi è che decreta l’inutilità del tempo? Chi ha il diritto di affermare che ciò che facciamo è sprecato, inutile?

La vita è tanto breve, ma per certi versi è sconsideratamente lunga.

Il tempo non è nato per essere incanalato. Ma per essere vissuto, anche solo nella nostra testa. Vivere mentalmente non ha niente da invidiare alle attività fuggevoli.

A new error

Quando qualcosa si rompe, possiamo davvero sperare di riaggiustarlo?

Quando qualcosa che aveva un significato unico, prezioso, viene reciso all’improvviso, è davvero cosi facile incollare i pezzi? O piuttosto è l’animo umano, da sempre animato da speranza, che crede di poter ricominciare dal punto esatto di rottura. Si crede che la parte più difficile di qualcosa sia la costruzione, ma la verità è che la parte più dura è il mantenimento. Un insieme di sentimenti, di amicizie, di situazioni, ricordi, che ha richiesto cosi tanta fatica, scopriamo essere tenuto insieme dal più flebile dei collanti: la speranza. E il problema è che è anche il collante più morboso, più capriccioso: non te la levi, la speranza.

Ma in fondo, nel punto più profondo, sappiamo anche che questo collante capriccioso, lunatico, è anche il motivo essenziale per cui facciamo ciò che facciamo.

La speranza fa coppia con il tempo.

Il momento opportuno?

Ieri riflettevo su una cosa sconvolgente. Ho sempre pensato di essere una ragazza abbastanza forte, indipendente, che non si fa fregare da mazzi di fiori e belle parole. E, in fondo in fondo, ho sempre un po’ deriso quelle ragazze convinte che l’amore sia tutto, che se vanno in giro vestite di rosa, con un incomprensibile ottimismo romantico. Ma ieri, pensando alla fine della mia storia, ai miei comportamenti, ai buonanotte controllati ricontrollati e poi inviati, all’impegno nel cucinargli qualcosa, all’attenzione che ponevo nel vestirmi, mi sono resa conto che io sono una di quelle ragazze. Io mi sono lasciata trasportare dai sentimenti, io ho creduto di vivere in un bel sogno rosa, in cui tutto era bellissimo e saremmo stati insieme per sempre.

Questa è una lezione senza dubbio importante: anni e anni di scetticismo e di cinismo mi avevano convinta fossi forte e senza illusioni, quando mi è bastato avvertire i primi strascichi dell’amore, per lasciarmi andare completamente, dimenticando qualsiasi buon senso, vivendo come in un bel sogno.

Però la verità è che non mi pento affatto di questo. Voglio dire, che cavolo, la vita è già abbastanza complicata e ambigua, capricciosa, non sai mai quando potrai essere ancora cosi felice, provare ancora le stesse forti emozioni. Quand’è che possiamo essere sicuri di quando sarà il prossimo momento di felicità? Qual è il nostro prossimo kairos?

Per cui, si è vero, ho sofferto e sto soffrendo, mi manca tutti i giorni, e a volte mi sento una vera imbecille per essermi fatta film allucinanti su come lui sarebbe tornato da me, o immaginando hollywoodiane riconciliazioni. Ma sapete, credo sia anche questo il bello del kairos. E’ breve, e dura poco, ma una volta provato, sappiamo che il prossimo sarà altrettanto spettacolare.

Impasse

Sto per partire. Sono in aeroporto, biglietti alla mano, bagagli e ansie. Pensavo che ti vorrei qui con me, vorrei poter aspettare fino all’ultimo per salutarti, darti un bacio piangendo, promettersi di sentirsi in web alla sera.

Un po’ mi sono immaginata un tuo arrivo trionfale, in aeroporto, che mi corri incontro e mi dici che hai fatto un errore, che possiamo farcela, che vuoi stare con me. Ma questo non è un film, non c’è nessun colpo di scena, ma solo il naturale svolgersi della realtà. E la verità è che tu mi hai detto di volere qualcosa di facile, che puoi avere subito, senza soffrire. Ma le relazioni non sono questo. Una relazione sono due persone che ogni giorno costruiscono eventi e situazioni per poter stare insieme, che alla difficoltà si compattano, si uniscono.

 

La verità è che mi manchi.

A volte mi sembra di vederti ovunque.